Gioacchino da Fiore
Nato a Celico, in provincia di Cosenza, in un anno collocabile fra il 1130 ed il 1135, Gioacchino entrò a venticinque anni nel ramo cistercense dell’Ordine benedettino. Trasferitosi nel monastero di Corazzo, presso Catanzaro, fu nominato abate nel 1177. Nel monastero di Casamari divenne abate e iniziò la stesura della sua opera maggiore, la “Concordia Veteris et Novi Testamenti“. Durante l’anno in cui papa Urbano VIII lo volle accanto a sé a Roma, si dedicò all’”Expositio in Apocalypsim“: l’esegesi biblica in Gioacchino da Fiore divenne l’occasione per proporre il radicale rinnovamento morale all’interno della Chiesa.
Nel 1189, sui monti della Sila, fondò il monastero di S. Giovanni in Fiore, che divenne il centro del nuovo Ordine detto Florense, per il quale ottenne l’approvazione con regolare bolla papale di Celestino III. La vena riformatrice e l’ansia di purezza di Gioacchino attirarono molti francescani della corrente spirituale ed il dono della profezia che gli veniva attribuito suscitò numerose opere spurie, a carattere visionario più che profetico, che riunirono in gruppi eretici elementi delle più diverse provenienze, chiamati “gioachimiti” ed ispirati più o meno liberamente al pensiero di Gioacchino. Tutti questi elementi misero presto in moto la censura dell’ortodossia e la condanna delle idee di Gioacchino fu netta e decisa, fin dal concilio Lateranense del 1215, anche ad opera di san Bonaventura da Bagnoregio. Dante Alighieri (1265-1321), nella Divina Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi 139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da Bagnoregio, Rabano Mauro e Tommaso d’Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110 anni circa dopo la morte dell’abate calabrese. Nel 1202 Gioacchino da Fiore morì a Canale, nei pressi di Cosenza. Le sue ossa sono conservate nella navata di destra dell’Abbazia florense di San Giovanni in Fiore.
Dall’anno 2000 è in corso il procedimento per la beatificazione di Gioacchino, grazie anche agli studi approfonditi sul suo pensiero, che tra gli altri ispirò Michelangelo Buonarroti e fu determinante per la fondazione nel XVI secolo di Puebla de los Ángeles, l’attuale Puebla de Zaragoza. Nello specifico, durante la loro opera di evangelizzazione in Messico, i francescani spirituali riprodussero integralmente il modello urbanistico e sociale dell’abate calabrese, finanche i toponimi gioachimiti risalenti alla presenza in Sila del grande monaco e teologo della storia.
Ancora, diretto dal regista Jordan River, è in produzione il film, sulla vita di Gioacchino, intitolato “Il Monaco che vinse l’Apocalisse”, scritto tra gli altri dal filosofo italiano Andrea Tagliapietra e centrato sulla visione del futuro dell’abate calabrese, precursore del Rinascimento italiano. Diverse scene di quest’opera cinematografica sono state girate a San Giovanni in Fiore e nei dintorni, a riprova del ritrovato interesse per i luoghi in cui Gioacchino da Fiore visse e concepì le sue opere.
Sulla base della propria interpretazione della Bibbia, Gioacchino credeva che l’essere umano potesse elevarsi spiritualmente sino a sconfiggere l’istinto di violenza e sopraffazione che ne caratterizza la natura. Il messaggio profetico dell’abate, ripreso nella Divina Commedia di Dante Alighieri, è dunque legato alla speranza della giustizia e dell’armonia tra gli uomini, come confermato da monsignor Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di Teologia, secondo il quale «Gioacchino non concepisce la dottrina di Dio come dottrina, ma piuttosto come motore della storia, come forza e potenza di cambiamento delle relazioni umane, anche sociali e civili».
In un tempo di crisi internazionale, morale, economica, spirituale e civile, il pensiero e l’opera di Gioacchino da Fiore – pieni di fascino anche in virtù delle figure simboliche che egli utilizzò per spiegare concetti complessi – sono senza dubbio un riferimento e un richiamo straordinari per costruire un futuro di pace, solidarietà e cooperazione tra gli uomini.

Protocenobio di Jure Vetere
Il Protocenobio di Jure Vetere, anche noto come l’Abbazia di Jure Vetere (o Fiore Vetere) o Protomonastero di Jure Vetere, è la prima fondazione dell’Ordine Florense, edificata dall’abate Gioacchino da Fiore. L’abbazia, distrutta da un incendio, venne in seguito abbandonata insieme ad altri locali utilizzati dai monaci.
Il sito, in territorio di San Giovanni in Fiore dal quale dista circa 5 km, è stato localizzato dall’arch. Pasquale Lopetrone sul finire degli anni ’90 del secolo passato, ed è stato riportato alla luce a seguito di campagne archeologiche effettuata a fase alterne tra il 2003 e il 2005.
L’Abbazia di Fiore Vetere ha un’architettura singolare, che in qualche modo influenzerà sia lo stile della Abbazia Florense che di altre costruzioni florensi.
La pianta mononavata croce latina, e lo schema a cappelle laterali chiuse sarà ripreso in tutte le principali fondazioni florensi.
L’abside centrale si presenta largo e piatto, mentre le absidi delle cappelle laterali sono semicircolari.
Questa particolarità ha modificato il pensiero degli studiosi che, negli anni precedenti al ritrovamento del sito archeologico, hanno avallato la teoria dello sviluppo dell’architettura florense.
Si pensava infatti, che lo schema primordiale dell’architettura florense fosse quello dell’Abbazia Florense, con soluzione piatta sia per l’abside centrale che per le cappelle laterali della cripta.
Questo schema si sarebbe in seguito evoluto nella soluzione a tre absidi semicircolari come nello schemo riportato per l’Abbazia di Fontelaurato.
Quest’ultima soluzione era sostenuta dalla riproduzione della stessa in altre fondazioni florensi successive l’abbazia di San Giovanni in Fiore.

Abbazia Florense
L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore è un autentico tesoro di arte e di cultura. Scrigno ed emblema di una tradizione spirituale e culturale ancora viva, con soluzioni architettoniche dai significati simbolici che richiamano la visione di Gioacchino.
E allora, la facciata principale della chiesa è sprovvista di rosone spostato su quella posteriore con un rosone centrale più grande circondato da 3 più piccoli disposti a triangolo attorno al primo. La chiesa in stile romanico trasmette semplicità e assieme potenza. Si accede dal portale gotico del 1220. La navata unica allungata è in pietra nuda priva di decorazioni. L’altare è barocco con una statua lignea di San Giovanni Battista. Mentre i 4 rosoni alle sue spalle conferiscono una sorprendente atmosfera con uno straordinario gioco di luci e ombre. Alla destra dell’altare una scalinata porta alla cripta con l’urna delle spoglie di Gioacchino da Fiore alla sinistra, invece, su un altare una teca custodisce il corpo ricostruito dell’Abate.
In origine il complesso monastico, oltre all’Abbazia, comprendeva una serie di edifici come officine, cucine, falegnameria, ricovero degli attrezzi e altri edifici per il riposo e per il ricovero di chi qui arrivava.
Oggi, nelle sale dell’Abbazia è ospitato il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Istituito nel dicembre del 1982 e riconosciuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l’attività di promozione, ricerca e diffusione del pensiero Gioachimita nel mondo. Nel 1989 l’Abbazia è stata riaperta al culto con Don Vincenzo Mascaro alla presenza del Cardinale Ugo Poletti.
E ancora, il pian terreno e il primo piano dell’ala est dell’Abbazia ospitano invece il Museo Demologico dell’Economia, del Lavoro e della Storia Sociale Silana. Inaugurato nel 1984 e considerato uno tra i musei etnografici più interessanti del Sud Italia, con annesso il Fondo fotografico Saverio Marra (1894 – 1978) autore di una documentazione fotografica autentico capolavoro di antropologia visuale.
.
Centro Internazionale di Studi Gioachimiti
Il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti è stato formalmente istituito in data 2 dicembre 1982, in San Giovanni in Fiore, con il patrocinio delle Amministrazioni Comunali di San Giovanni in Fiore, Celico e Luzzi. È iscritto nel Registro delle Persone Giuridiche ed il Ministero della Cultura lo ha annoverato tra gli Istituti di rilevante interesse scientifico e culturale. La Regione Calabria ha riconosciuto il Centro con Legge n. 11 del 25/11/1989 , nel corso del 1985 vi hanno aderito la Comunità Montana Silana e l’Amministrazione Provinciale di Cosenza, nel 2001 vi ha aderito l’Amministrazione Comunale di Carlopoli e, nel 2002, l’Amministrazione Comunale di Pietrafitta.
Il Centro svolge una intensa attività scientifica ed editoriale, divulgativa e promozionale, formativa e didattica, spesso in collaborazione con prestigiose università ed istituzioni culturali italiane e straniere. Svolge pure un ruolo di riscoperta e di valorizzazione, ai fini anche turistici, dei Beni monumentali e dei luoghi calabresi legati alla presenza e all’attività di Gioacchino da Fiore. Il Centro organizza ogni cinque anni un congresso internazionale con la partecipazione di università e studiosi europei ed americani ed ha pubblicato gli Atti dei nove congressi celebrati.
È dotato di un patrimonio librario di grande rarità ed interesse e ha concentrato nella sua biblioteca gli strumenti dell’indagine e della ricerca (libri, codici, microfilm, videolettori, computer); ha allestito una mostra permanente delle Tavole del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore nella “navatella” esterna della chiesa abbaziale.
Il Centro ha proceduto alla ricognizione della tradizione manoscritta delle opere di Gioacchino da Fiore sparsa su tutto il territorio europeo, ne ha microfilmato i codici ed ha avviato l’edizione critica degli “Opera Omnia” dell’ Abate e la stampa della loro traduzione in italiano.
Il Centro è attualmente presieduto dal prof. Giuseppe Riccardo Succurro; dal 1982 fino al 2009 è stato presieduto dal prof. Salvatore Angelo Oliverio.
Il Comitato scientifico del Centro, composto da studiosi italiani ed europei, è diretto dal prof. Gian Luca Potestà, ordinario di Storia del cristianesimo all’Università Cattolica di Milano; dal 1982 al 1984 è stato diretto dal prof. Raoul Manselli e dal 1984 fino al 2021 dal prof. Cosimo Damiano Fonseca.
.
